Epigrammatico
e-pi-gram-mà-ti-co
Significato Relativo all’epigramma; conciso e pungente
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo epigrammaticus, da epigramma, prestito dal greco, derivato da grámma ‘scritto’ col prefisso epí- ‘sopra’.
- «Sì, parla sempre così, è una signora decisamente epigrammatica.»
Parola pubblicata il 06 Maggio 2025
È una parola gagliardissima: quando entra in un discorso pare lo sgombri, pare che resti solo lei. Il significato è tutt’altro che astruso: la sua preziosità sta nel riferimento classico a un genere letterario di lunghissima fortuna, che dobbiamo mettere a fuoco — ovviamente, l’epigramma.
Non serve una dottrina sovrana per indovinare che l’epigramma è roba greca. Ed è messo insieme con elementi abbastanza familiari: abbiamo un epì- che magari ricorderemo vuol dire ‘sopra’ e un grámma che è uno ‘scritto’. L’epigramma è un testo scritto sopra qualcosa, e c’è un supporto in particolare che invita questa dicitura — quello su cui scrivere è più difficile: la pietra. O magari il bronzo, materiali comunque duri e duraturi. In effetti esisteva anche l’epigrafe, nome vicinissimo, trattandosi comunque di un’iscrizione lapidaria. Ma l’epigramma ha avuto una fortuna diversa.
L’epigramma greco è dapprima un componimento inciso, ed è ovvio quali debbano essere i suoi caratteri. Deve essere breve (niente sbrodolature-fiume, quando si incide) e deve andare dritto al punto in maniera intelligente, poetica, solenne, o tagliente, se serve. Amoroso o elegiaco, encomiastico o polemico (anche se all’inizio dobbiamo immaginarcelo essenzialmente celebrativo, dedicatorio, funerario) ebbe un grande successo: anzi in effetti l’epigramma finì per trascendere la pietra. Rimase il componimento di pochi versi, volentieri satirico, magari licenzioso, sempre arguto. La brevità aguzza lo spirito — e restano celebri gli epigrammi di Catullo o di Marziale, ma è stato un genere di gran successo anche in epoca moderna, specie durante il Rinascimento, con la sua riscoperta, e durante il Sei-Settecento francese.
Inquadrato l’epigramma, l’epigrammatico coglie questo fiore di significato in una maniera bellissima, particolare e molto utile.
In effetti abbiamo diverse parole che insistono su un certo genere di concisione attraverso il mezzo che trasporta il messaggio: il lapidario stesso è incisivo, autorevole e sentenzioso, l’epigrafico declina la concisione in maniera concettosa, meditabonda, e per venire a tempi più moderni il telegrafico stringa la sintesi all’estremo.
Se parlo del passaggio o del finale epigrammatico di un racconto, se parlo dei detti epigrammatici della nonna, se parlo delle ingiurie epigrammatiche proferite dall’automobilista, o anche del vicino di casa epigrammatico che ha sempre due parole azzeccate sulla punta della lingua, io tratteggio un conciso che è pungente. Non è laconico, non evita: affila poche parole in maniera che siano memorabili, che si facciano ricordare per l’arguzia, per la bellezza. È una brevità che si è scrollata di dosso la solennità della pietra, le strettezze del succinto, gli scatti di una trasmissione essenziale, una brevità che riconosce il suo specifico potere, che viene scelta senza costrizioni — non per poco tempo o spazio, non per reticenza, non per contegno severo.
Certo non è l’aggettivo più facile del dizionario. Richiede degli strumenti per essere decifrato che non sono proprio minimi. Ma ecco, da solo riesce a trasmettere un taglio di significato di grande efficacia, che si attaglia, per fortuna, a tanti elementi del mondo.